lunedì 30 settembre 2013

“Lo yoga non è per me, sono troppo rigido!!”.... e altre scuse!





“Lo yoga non è per me, sono troppo rigido!!”

Chi di voi non ha mai detto o sentito questa frase? Una delle scuse più frequenti di fronte alla proposta di provare una lezione di yoga è proprio questa, ed è anche la più illogica se ci pensate bene.
Provate a trasferire questa stessa costruzione in un contesto diverso, ad esempio:

I miei denti sono stroppo sporchi, non posso lavarli.

Oppure

Non posso iniziare a studiare il giapponese perché non conosco niente di quella lingua.

L’illogicità dell’affermazione diventa ora più palese, non vi pare?

Un corpo rigido, è un corpo costretto, chiuso e talvolta questa rigidità si trasmette fino alla mente innescando un circolo vizioso in cui è facile rimanere avviluppati. Lo yoga, e in particolare le asana (posizioni), possono aiutare a sciogliere questi nodi e  agendo sulla rigidità del corpo possono avere effetti positivi sulla rigidità della mente e viceversa, mettendo in moto questa volta un circolo virtuoso.
Con un lavoro costante la schiena acquista lunghezza, il bacino e le spalle si aprono e si ammorbidiscono, il collo può finalmente essere libero, e laddove prima esistevano solo zone sconosciute, buie, inaccessibili ecco che si fa strada la luce, aumenta lo spazio e la sensazione di libertà e benessere diviene innegabile.
In questo modo affiniamo la conoscenza, la percezione, e dunque la gestione, del nostro corpo.
Possiamo dire, quindi, che la flessibilità è un “effetto collaterale” dello yoga piuttosto che un suo prerequisito, un effetto che si ripercuote ben al di là del solo piano fisico.


“Ok, ma a me non interessano le posizioni io voglio lavorare solo sulla mente, ad esempio attraverso la meditazione”

Ecco quale potrebbe essere una replica alle argomentazioni precedenti.
Tralasciamo in questa sede il fatto che il lavoro delle asana passa dal corpo sì, ma per arrivare alla mente e che dunque non è semplice ginnastica ne tanto meno stretching, possiamo però affermare che la nostra meditazione può trarre enorme benefici dal lavoro precedentemente svolto con le asana.
Immaginate di rimanere seduti per terra, le gambe in uno dei tanti incroci, estendendo la spina verso l’alto e mantenendo espansione nel petto; immaginate ora di dover fare tutto ciò con spalle, schiena, ginocchia o bacino rigidi, bloccati; immaginate le articolazioni che urlano e si oppongono alla posizione, ora immaginate di dover mantenere il tutto per almeno 20 minuti, immobili….. Da tutto ciò più che una meditazione sicuramente ne risulterebbe una vera e propria lotta, con la mente impegnata a non farsi catturare dalle mille tensioni e dai dolori che scaturiscono dal corpo che, dal canto suo, tenta di rimanere eretto nonostante le limitazioni. In questo modo forse ben il 70% delle possibilità di poter coltivare una mente calma e stabile si perde nel tentativo di sopravvivere della posizione.
Perché allora non lasciare questo lavoro di apertura, di allineamento e rafforzamento del corpo alla pratica delle asana per poi approcciarsi alla meditazione in modo più sereno e meno sofferente, migliorando anche la qualità della meditazione stessa?


“Ma a me non interessa mantenere una posizione eretta durante la meditazione, lascio la mia schiena tranquilla libera di incurvarsi, l’importante è liberare la mente!”

In questo caso come la mettiamo con l’energia che scaturisce da una spina dorsale eretta, allungata e leggera contro quella prodotta da un corpo chiuso su se stesso? Provate, anche adesso mentre sedete davanti allo schermo, a lasciar crollare la schiena, lasciate che le spalle si incurvino e la testa scivoli in avanti verso il petto. Come reagisce la vostra mente?
Ora provate a mantenere la schiena bene dritta, la testa tra le spalle, il petto largo e il collo ben disteso, cosa è accaduto al vostro stato mentale? Sono sicura che a questo secondo tentativo la mente è più vigile, sveglia e pronta a recepire quello che accade intorno. Nella prima modalità, al contrario, è facile che la mente venga assalita dal torpore impedendoci di coltivare in modo adeguato la nostra consapevolezza del momento presente.


“Ma in realtà io……”

Ok avrete certamente capito che le scuse possono essere infinite e che questo articolo potrebbe allungarsi a dismisura. Allora perché, ora che avete notato che forse alcune di queste scuse (e sono solo alcune!) appartengono anche a voi, per una volta non smettete di arrovellarvi la mente sulle solite questioni: mi farà bene o male? Farà al caso mio? Cosa proverò? Può essermi utile? E così via…. Esiste solo un modo per risolvere tutti questi dubbi: l’ esperienza in prima persona, ovvero provate! Partecipate ad 1, 2, 3 lezioni, magari in posti diversi, con insegnanti diversi, con stili diversi e SENTITE qual è la risposta che fa per voi.
Le scuse e le giustificazioni sono come zavorre che rallentano il nostro cammino, liberatevene e se, dopo aver provato, vi accorgete di aver sbagliato direzione, potrete fare sempre un passo indietro e mettervi di nuovo alla ricerca della strada più corretta per voi.


Namastè

Eva

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