“Lo yoga non è per me, sono troppo
rigido!!”
Chi
di voi non ha mai detto o sentito questa frase? Una delle scuse più frequenti
di fronte alla proposta di provare una lezione di yoga è proprio questa, ed è
anche la più illogica se ci pensate bene.
Provate
a trasferire questa stessa costruzione in un contesto diverso, ad esempio:
I
miei denti sono stroppo sporchi, non posso lavarli.
Oppure
Non
posso iniziare a studiare il giapponese perché non conosco niente di quella
lingua.
L’illogicità
dell’affermazione diventa ora più palese, non vi pare?
Un
corpo rigido, è un corpo costretto, chiuso e talvolta questa rigidità si
trasmette fino alla mente innescando un circolo vizioso in cui è facile
rimanere avviluppati. Lo yoga, e in particolare le asana (posizioni), possono
aiutare a sciogliere questi nodi e agendo sulla rigidità del corpo possono avere
effetti positivi sulla rigidità della mente e viceversa, mettendo in moto
questa volta un circolo virtuoso.
Con
un lavoro costante la schiena acquista lunghezza, il bacino e le spalle si
aprono e si ammorbidiscono, il collo può finalmente essere libero, e laddove
prima esistevano solo zone sconosciute, buie, inaccessibili ecco che si fa
strada la luce, aumenta lo spazio e la sensazione di libertà e benessere
diviene innegabile.
In
questo modo affiniamo la conoscenza, la percezione, e dunque la gestione, del
nostro corpo.
Possiamo
dire, quindi, che la flessibilità è un “effetto collaterale” dello yoga
piuttosto che un suo prerequisito, un effetto che si ripercuote ben al di là
del solo piano fisico.
“Ok, ma a me non interessano le
posizioni io voglio lavorare solo sulla mente, ad esempio attraverso la
meditazione”
Ecco
quale potrebbe essere una replica alle argomentazioni precedenti.
Tralasciamo
in questa sede il fatto che il lavoro delle asana passa dal corpo sì, ma per
arrivare alla mente e che dunque non è semplice ginnastica ne tanto meno
stretching, possiamo però affermare che la nostra meditazione può trarre enorme
benefici dal lavoro precedentemente svolto con le asana.
Immaginate
di rimanere seduti per terra, le gambe in uno dei tanti incroci, estendendo la
spina verso l’alto e mantenendo espansione nel petto; immaginate ora di dover
fare tutto ciò con spalle, schiena, ginocchia o bacino rigidi, bloccati;
immaginate le articolazioni che urlano e si oppongono alla posizione, ora
immaginate di dover mantenere il tutto per almeno 20 minuti, immobili….. Da
tutto ciò più che una meditazione sicuramente ne risulterebbe una vera e
propria lotta, con la mente impegnata a non farsi catturare dalle mille
tensioni e dai dolori che scaturiscono dal corpo che, dal canto suo, tenta di
rimanere eretto nonostante le limitazioni. In questo modo forse ben il 70%
delle possibilità di poter coltivare una mente calma e stabile si perde nel tentativo
di sopravvivere della posizione.
Perché
allora non lasciare questo lavoro di apertura, di allineamento e rafforzamento
del corpo alla pratica delle asana per poi approcciarsi alla meditazione in
modo più sereno e meno sofferente, migliorando anche la qualità della
meditazione stessa?
“Ma a me non interessa mantenere
una posizione eretta durante la meditazione, lascio la mia schiena tranquilla
libera di incurvarsi, l’importante è liberare la mente!”
In
questo caso come la mettiamo con l’energia che scaturisce da una spina dorsale
eretta, allungata e leggera contro quella prodotta da un corpo chiuso su se stesso?
Provate, anche adesso mentre sedete davanti allo schermo, a lasciar crollare la
schiena, lasciate che le spalle si incurvino e la testa scivoli in avanti verso
il petto. Come reagisce la vostra mente?
Ora
provate a mantenere la schiena bene dritta, la testa tra le spalle, il petto
largo e il collo ben disteso, cosa è accaduto al vostro stato mentale? Sono
sicura che a questo secondo tentativo la mente è più vigile, sveglia e pronta a
recepire quello che accade intorno. Nella prima modalità, al contrario, è facile
che la mente venga assalita dal torpore impedendoci di coltivare in modo
adeguato la nostra consapevolezza del momento presente.
“Ma in realtà io……”
Ok
avrete certamente capito che le scuse possono essere infinite e che questo
articolo potrebbe allungarsi a dismisura. Allora perché, ora che avete notato
che forse alcune di queste scuse (e sono solo alcune!) appartengono anche a
voi, per una volta non smettete di arrovellarvi la mente sulle solite
questioni: mi farà bene o male? Farà al caso mio? Cosa proverò? Può essermi
utile? E così via…. Esiste solo un modo per risolvere tutti questi dubbi: l’
esperienza in prima persona, ovvero provate! Partecipate ad 1, 2, 3 lezioni,
magari in posti diversi, con insegnanti diversi, con stili diversi e SENTITE qual
è la risposta che fa per voi.
Le
scuse e le giustificazioni sono come zavorre che rallentano il nostro cammino, liberatevene e
se, dopo aver provato, vi accorgete di aver sbagliato direzione, potrete fare
sempre un passo indietro e mettervi di nuovo alla ricerca della strada più
corretta per voi.
Namastè
Eva
